Capitolo 5 – Il bambino cieco a scuola – Audiovisivi e cecità

Sommario:

g. Audiovisivi e cecità

1. Introduzione

Una considerazione immediata di questo argomento potrebbe indurci a percepirne prevalentemente la sua dimensione tecnica e a classificarlo come uno tra i numerosi problemi molto particolari.
Se viceversa ci soffermiamo a valutare le sue molteplici implicazioni e quindi focalizziamo la sua reale statura problematica, questo argomento induce interrogativi e analisi che penetrano profondamente la nostra attualità socioculturale.
Durante questo secolo le conquiste scientifiche e tecnologiche ed anche alcune complesse trasformazioni storico-culturali hanno modificato dalle radici la connessione tra immagine e parola, offrendo soprattutto nuove ed imprevedibili prospettive alla cosiddetta cultura dell’immagine e della comunicazione.
In un simile contesto ci limiteremo ad evidenziare gli aspetti che riteniamo più significativi in rapporto con le esigenze dei soggetti non vedenti, di partecipare attivamente alla vita culturale nel territorio sociale di appartenenza.

2. Verso un linguaggio di immagini visive

Con il passare del tempo il mondo dello spettacolo ed anche il mondo delle comunicazioni di massa hanno affermato progressivamente la validità, l’efficacia e, in un certo senso, l’autosufficienza delle immagini visive.
Non siamo in grado di valutare quanto abbia influito, in questa direzione, l’evoluzione dell’arte cinetica e lo studio scientifico delle percezioni visive.
Riteniamo comunque che il motivo principale dello sviluppo dei messaggi visivi consista più che altro nella loro immediatezza, nella loro possibile globalità ed anche nella loro grande capacità di condensare molteplici significati mediante immagini polivalenti.
Secondo questa ipotesi non si tratterebbe pertanto di un vero e proprio interesse epistemologico circa la funzione visiva, ma piuttosto di un interesse per l’effetto prodotto dal messaggio visivo sulla persona che lo riceve.
D’altra parte nel nostro modo attuale di vivere l’attività visiva, considerata soprattutto nella sua immediatezza, ha occupato negli ultimi decenni uno spazio sempre più considerevole.
Saper guardare intorno per cogliere rapidamente le indicazioni e le informazioni circa le scelte da compiere, è divenuta oggi un’abilità molto importante, una abilità che qualifica significativamente il nostro grado di adattamento sociale.
Contemporaneamente si è consolidata la tendenza a guardare per sognare, utilizzando la sollecitazione visiva come un motorino di avviamento della nostra attività fantastica (per l’appunto sognare ad occhi aperti).
Bisogna dire che inoltre l’attività visiva si è molto sviluppata nel senso della partecipazione a distanza, vale a dire nel senso di un coinvolgimento interiore liberato dia vincoli della relazione interpersonale.
In ultima analisi occorre aggiungere che gli aspetti minacciosi ed ansiogeni di questa nostra società sollecitano nel soggetto la disposizione ad essere guardingo ad osservare le circostanze e le situazioni per cogliere eventuali indizi di pericolosità.
Naturalmente tutto questo induce una emancipazione della funzione visiva dalla necessità di un rapporto con la parola e con il dialogo.
Di conseguenza il messaggio visivo progredisce nel suo cammino verso l’indipendenza dal parlato ed anche dal sonoro, assumendo una sua fisionomia ed una sua articolazione sempre più intrinseca ed esclusiva.

3. Parole indicative e parole rappresentative

Evidentemente il contesto sopradescritto non poteva non produrre importanti modificazioni sulla comunicazione verbale, sia parlata che scritta.
In particolar modo è accaduto che la comunicazione verbale si è organizzate e qualificata sempre di più in riferimento all’attività percettiva, intesa soprattutto nei suoi aspetti visivi.
In altri termini parliamo sempre di più per indicare all’altro qualcosa da guardare o da osservare meglio.
Logicamente nel caso del linguaggio parlato il qualcosa è un elemento della realtà mentre nel caso del linguaggio scritto il qualcosa riguarda generalmente una figura, un fotogramma oppure un video collegato con il testo di lettura.
In misura corrispondente ai fenomeni accennati nel paragrafo due, possiamo dire che il linguaggio delle parole va perdendo la sua tradizionale autosufficienza rappresentativa, assumendo sempre di più e sempre meglio una funzione indicativa rispetto ad immagini di altra natura.
In questo senso uno strumento audiovisivo presenta solitamente una sua implicita sintassi, secondo la quale il parlato ed il sonoro accompagnato il visivo, svolgendo una funzione integrativa e complementare, che conferma e addirittura sottolinea la centralità e in qualche modo l’indipendenza del messaggio visivo.
A questo proposito giova precisare che il linguaggio parlato, nello svolgere questa sua funzione prevalentemente indicativa rispetto a fenomeni visivi, assume anch’esso una certa fisionomia visiva che risulta poco accessibile al soggetto non vedente, soprattutto se divenuto cieco in età neonatale.
Se osserviamo i testi presenti nella scuola dell’obbligo, è anche troppo facile constatare la fisionomia visiva del linguaggio verbale e la sua accentuata funzione indicativa.
Un’accurata trascrizione in Braille di un libro di testo a vantaggio di un alunno non vedente esige un vero e proprio progetto di adattamento e in qualche modo un’autentica ristrutturazione.
I soggetti non vedenti hanno bisogno di un linguaggio verbale rivolto, più che altro, alle loro capacità di rappresentazione immaginativa, sulla base delle loro esperienze concrete di vita.
In un simile contesto verbale-rappresentativo, le eventuali figurazioni svolgono una funzione di facilitazione per le attività di analisi e di sintesi.

4. Esperienza concreta e informazione

Molto spesso nelle scuole gli audiovisivi vengono utilizzati per promuovere il coinvolgimento degli alunni e per attivare più spontaneamente la loro disposizione ad apprendere.
Accade però generalmente che in simili circostanze lo strumento audiovisivo divenga un vero e proprio erogatore di informazioni vissute quasi come “sostituto di esperienza concreta”. In questo modo la scuola svolge una funzione del tutto simile a quella caratteristica dei mezzi di comunicazione di massa che, cercando messaggi sempre più coinvolgenti e sensazionali, tendono a confondere il piano dell’informazione con il piano dell’esperienza reale.
Viceversa la scuola potrebbe divenire il luogo ideale per qualificare e distinguere l’esperienza quotidiana della realtà e la funzione specifica delle informazioni.
In particolar modo gli alunni non vedenti o gravemente ipovedenti avrebbero bisogno di una simile scuola per costruire un’esperienza personale sempre più ricca e qualificata.
Infatti le informazioni programmate trovano il loro significato specifico nel fornire all’esperienza reale la possibilità di una rielaborazione, di una rivisitazione integrata allo scopo di qualificare progressivamente e potenziare la prospettiva di apprendimento.
La confusione di questi due aspetti implica un processo di apprendimento che, allo stesso tempo, risulta emozionante e standardizzato.
Nella migliore delle ipotesi un simile processo di apprendimento costruisce una giustapposizione di contenuti, accompagnati da una esperienza scolastica non personalizzata ma spettacolare.

5. Parole per dire l’immagine visiva

Tradizionalmente accade che i genitori del bambino non vedente, ma spesso anche i suoi insegnanti, vogliano compensare la sua privazione sensoriale trasmettendo la realtà visiva nel suo mondo interiore attraverso le parole.
Questo desiderio irreale rende le loro descrizioni scarsamente rappresentative. Infatti le descrizioni animate da questo desiderio esprimono più che altro (generalmente in forma enfatica) il vissuto della persona vedente, piuttosto che fornire alla persona che non vede supporti verbali validi per la costruzione di realistiche rappresentazioni mentali.
La descrizione della realtà visiva dovrebbe essere commisurata rigorosamente all’esperienza vissuta dalla persona non vedente, utilizzando parole, figure tattili e modelli tridimensionali adeguati alla sua condizione di apprendimento.
In ogni caso sarebbe necessario comprendere che non è possibile offrire alla persona non vedente la realtà nei suoi aspetti propriamente ed esclusivamente visivi.
A questo proposito bisogna dire che la nostra società dimostra con evidenza di non volersi rassegnare all’idea che un soggetto non vedente non possa in alcun modo entrare in contatto immediato con la realtà dei colori e più estesamente con la realtà visiva.
Da un lato questo atteggiamento sociale può essere considerato positivo, poiché mantiene aperta la via della ricerca scientifica e della solidarietà interpersonale.
D’altro lato però questo atteggiamento si realizza frequentemente attraverso comportamenti che invece di facilitare i soggetti non vedenti nello sforzo di apprendere, ne rimarcano implicitamente ma vistosamente i limiti sensoriali.
Per quanto concerne più specificamente i supporti verbali a vantaggio dei soggetti non vedenti che vogliano fruire di alcune trasmissioni televisive o di alcuni films trasmessi in TV e in alcune sale cinematografiche particolari, occorre riconoscere una evoluzione molto positiva dei supporti verbali.
Bisogna però aggiungere, ad onor del vero, che talvolta simili supporti verbali vengono espressi in forma indiscreta e invadente. Viceversa il supporto verbale dovrebbe mantenersi fuori dal campo della trasmissione, mediante una posizione acustica tale da assumere la fisionomia di un suggerimento rapido ed efficace.

6. Alcune indicazioni operative

Volendo riassumere, in conclusione, le indicazioni che riteniamo fondamentali, le abbiamo raccolte e puntualizzate nel modo seguente:
A) Un soggetto non vedente, che ascolti un audiovisivo, vive in qualche misura la sua inadeguatezza sensoriale e non può fingere una condizione di normalità senza offendere la propria dignità cognitiva e la propria immagine personale.
B) Egli ha quantomeno bisogno di un supporto verbale, ma in alcuni casi anche di figurazioni in rilievo e di modelli tridimensionali.
C) Soprattutto quando parliamo di alunni non vedenti o gravemente ipovedenti, è molto importante che l’audiovisivo risulti adeguato, per contenuti e per linguaggio, all’esperienza reale del soggetto disabile visivo.
D) Quando l’audiovisivo risulta inadeguato, occorre promuovere per l’alunno non vedente esperienze pratiche guidate, tali da consentire conoscenze che lo rendano capace di acquisire le informazioni dell’audiovisivo mediante un’assimilazione integrata.
E) Il principale rischio presente nello sviluppo e nell’apprendimento dell’alunno non vedente consiste in una crescita disarmonica, rigida e parcellare; questa ragione dovrebbe suggerire agli educatori ed agli insegnanti di garantire all’alunno non vedente un percorso di apprendimento caratterizzato, nei limiti del possibile da motivi e da significati personali.

Abbiamo spesso la sensazione che la scuola vada smarrendo il valore dei motivi e dei significati personali nel percorso di apprendimento.
A questo proposito desideriamo affermare che anche gli alunni normodotati vivono l’esigenza di una migliore connessione tra i contenuti dell’insegnamento scolastico e la loro esistenza personale.
Una scuola che mantenga saldo questo valore di riferimento, è indubbiamente una scuola che sa apprezzare le diversità individuali e sa mantenerle unite secondo i criteri di una didattica integrata.