Per molti anni ho incontrato spesso tre ragazzi sordi sull’autobus, mentre tornavo a casa, generalmente nel tardo pomeriggio.
Per la verità non si trattava di veri e propri incontri, ma soltanto di brevi cenni di saluto, anche se molto significativi.
Infatti al momento di scendere, essi mi passavano vicino e mi carezzavano la testa. Il contatto delle loro mani era intenso ed energico, assolutamente privo di fretta ed esprimeva il segnale di un vincolo colorato di compassione e di fraternità.
Ancora per qualche fermata, io restavo seduto, assaporando il ricordo di quelle carezze, tra vergogna e piacere.
Soprattutto mi chiedevo cosa io potessi rappresentare nella mente di quei tre ragazzi sordi.
Forse un cieco, nella mente di una persona non udente, è qualcosa di più rispetto a ciò che rappresenta nell’immaginazione di una persona comune. Egli è infatti privo della vista, vale a dire della funzione che per i sordi costituisce il principale ed esclusivo vincolo di riferimento nel contatto con la realtà.
La mancanza della vista, per un sordo, costituisce l’immagine stessa dello smarrimento, della separazione e forse dell’impotenza.
Qualcuno potrebbe dire che la vista per i sordi è un po’ come l’udito per i ciechi e che pertanto un soggetto non vedente, immaginando la mancanza dell’udito, può sperimentare per analogia cosa significhi per un sordo la mancanza della vista.
Personalmente ritengo che le cose siano più complesse e meno simmetriche. Per i ciechi l’udito non costituisce affatto l’esclusivo senso di riferimento nel contatto con la realtà dell’ambiente. Per molti aspetti è il tatto che ci consente di vivere con maggiore intensità e concretezza la relazione con il mondo.
Naturalmente qui dovremmo cominciare a distinguere la realtà degli oggetti e la realtà della comunicazione, ma in questo modo andremmo oltre un semplice discorso sulle emozioni che accompagnano la perdita di una funzione sensoriale.
Più che altro gioverebbe, a questo punto, il conforto da parte di una persona sordo-cieca ben educata, che ci comunicasse la concretezza della sua esperienza reale e la vivacità realistica della sua immaginativa.