Lezioni – Corsi di aggiornamento

“Identità professionale dell’insegnante e l’articolazione delle funzioni docenti nell’ambito dell’autonomia”

LEZIONE II: Le scale di difficoltà secondo Piaget

Vi presento 4 ordini crescenti di difficoltà, secondo Piaget, che però possono orientare, almeno in linea generale, su quella che è una scala di difficoltà così come possono essere vissute da un alunno, tenendo soprattutto conto dei vostri corsi scolastici, cioè Scuola Materna, Scuola Elementare e Scuola Media.
Il I ° livello rischia di essere molto noioso quindi esige una grande varietà di contenuti. Quindi la varietà in questo livello è assolutamente necessaria perché la difficoltà è minima. Piaget lo chiama “risolvere problemi vecchi in modo vecchio”. Che significa in termini scolastici? Tutte le mattine ci si lava i denti. È un problema perché ci si deve chiedere “Come faccio a lavarmi i denti?”. Guai se ogni mattina dovessi farmi questa domanda, se dovessi riscoprire ogni mattina come ci si lava i denti, la vita sarebbe un inferno, perché è chiaro che questo poi riguarderebbe anche altri esplementi di funzioni igieniche e primarie, e quindi noi arriveremmo a scuola molto peggio di quanto non arriviamo già, cioè praticamente esausti, perché uno ha già consumato tutto quel po’ di energie, direbbe Freud, libidiche secondarie che aveva a disposizione. Gli restano solo quelle primarie, quelle che ha dentro impegnate in vari conflitti personali, per cui arriva che non ha un grammo di energia da spendere. Può soltanto risentirsi per sentire persecutoria la presenza degli altri. Ma per fortuna non è così lavarsi i denti non è un problema che noi ci chiediamo ogni giorno, ma è automatizzato. Ognuno di noi sa bene come farlo, ognuno infatti lo fa e basta. E perino se ha sonno, al massimo si può creare qualche tipo di incidente, tipo il tappo del dentifricio che va a finire per terra, con ulteriori problemi per essere raccolto in retta e così via.
Sono state fatte da Walter Chiari ed altre impressionanti comiche su questo, non sto qui a ripeterle. Però, a parte questi piccoli incidenti, il fatto in 3-4 minuti al massimo viene risolto. Può essere il problema, come ho già detto prima, quello della noia perché non c’è nulla di interessante nel lavarsi i denti. Ed ecco perché le case produttrici di materiali per questo scopo cercano, proprio per rendere più consumabili i prodotti, di essere il più possibile vari. Quindi sui vari dentifrici, sui vari spazzolini e su altri ordigni elettrici o altro c’è una varietà veramente grandiosa di modelli in modo che si lava sempre i denti, ma come potremmo chiamare questo? Variazioni sul tema. Sono le classiche variazioni sul tema per cui mi lavo sempre i denti, ma se uso quel dentifricio ho quell’effetto per cui ottengo di più lo schiarimento del colore dello smalto, se uso quell’altro avrò dei rilessi sulla placca e così via. Così la cosa di routine diventa un po’ interessante.
Quello che vorrei fosse chiaro è il grado di automatismo.
Ci sono persone che non sono nemmeno sveglie e già si lavano i denti, cioè non rispondono ad altri messaggi, ma i denti se li lavano. Quello è proprio il segno che l’uomo l’ha acquisito veramente. Lo fanno quindi con uno spazio angusto di coscienza, minimo, quindi hanno una funzione dell’Io molto ridotta in quel momento. Ciononostante gli si rende possibile fare ugualmente quell’azione.
Quando invece lo studente dice che ha dormito poco la notte, che gli fanno male le scarpe, e così via. Quando si adducono tutte queste cose evidentemente significa che quel contenuto non è minimamente arrivato al livello 1, non è affrontato con quel tipo di automatismo e quindi non è definitivamente acquisito.
Passiamo al 2° livello: Piaget lo chiama “Risolvere problemi nuovi in modo vecchio”. Qui l’esempio comincia ad essere un po’ più complesso. Se io sono abituato a fare il caffè con una macchina da 3, e improvvisamente per un aumento della popolazione domestica, ad esempio di parenti arrivati, comincio a fare il caffè con una caffettiera da 6. il problema è tutto sommato nuovo perché cambia la dose dell’acqua, cambia la dose del caffè, cambia la presa della macchinetta. Non è più una variazione sul tema, cambiano le misure. Certo sono molto simili alcune cose generali perché la macchinetta è analogicamente la stessa, lo schema è sempre lo stesso, ma possiamo assimilare a questo tipo di categoria se il caffè invece di farlo con la moka magari lo facciamo con la caffettiera napoletana. Tutto sommato è sempre un problema che risolvo grosso modo in un problema vecchio, perché faccio presto anche con la napoletana a fare l’assimilazione. Tutte le volte che di fronte ad un problema noi ci esprimiamo dicendo: “in dei conti è la stessa cosa di… cambia solo…” siamo nello stato d’animo di chi affronta un problema nuovo in modo vecchio.
L’unico problema, qual è? È che io ho sottovalutato la diversità che comporta questa novità del problema e posso rischiare degli errori. Ci sono diversi problemi a scuola, ad esempio se io sottovaluto la complicazione che mi viene dal passare da una divisione ad una cifra ad una divisione a due cifre. Si, ma sempre divisione è, invece no, perché sul piano algoritmico, proprio della prassi dell’esercizio aritmetico ci sono delle modificazioni anche strutturali che se io non ne tengo conto, di fatto poi posso incorrere in errori che, se applicati poi a cose reali, portano a degli errori clamorosi.
Questo 2° livello farebbe parte come il 1° degli apprendimenti vissuti in modo piacevole. Cioè quando gli studiosi del cosiddetto Master Learning, dell’apprendimento per padronanza, parlano così tanto del fatto che si può apprendere giocando, che uno impara l’inglese giocando e cos’ via, si riferiscono esclusivamente a questi due livelli.
Se io dovessi fare un corso di studi esclusivamente su questi due livelli, affrontando solo queste due situazioni, per fare un corso di studi di un anno, minimo, ma proprio minimo, ci dovrei mettere almeno due anni. La scuola obbligatoria che va dalla Materna alla Scuola Media dovrebbe quindi durare esattamente il doppio. Quindi ciò non è possibile. O meglio, se vogliamo essere proprio rigorosi, è possibile, ma non è opportuno perché invece che a 13 si finirebbe a 20 anni e non mi pare proprio il caso.
Ci sono soggetti però che nella scuola possono apprendere solo in queste due forme e sono appunto soprattutto quello che hanno un limite intellettivo strutturale. Per strutturale intendo o genetico od organico. Voi sapete che c’è stato un periodo negli anno 60/70 in cui si preferiva pensare che uno poteva essere intelligente e geniale purchè si esercitasse. Che quindi l’ereditarietà non aveva nessuna influenza sull’intelligenza. Adesso persino i più ben pensanti su questo punto hanno rivisto tutto, perché gli studi parlano con una chiarezza che è veramente frustrante. Ve lo dico perché è giusto sapere anche questo: l’intelligenza è una delle doti più ereditarie che ci sono.
Vale a dire il 75% dell’intelligenza è di natura ereditaria.
Questo però non è che ci sono delle persone che poi quel 25% sia irrilevante, perché un conto che c’è quel 25% in più ed un conto no. Sapete che significa in termini pratici? Che se uno è insufficiente mentale lieve, vale a dire ha un intelligenza di livello 70 su 100, se io uso una facilitazione ad apprendere, può arrivare facendo 70:3, a 90-95, con una buona resa dal punto di vista scolastico. Se io non l’aiuto invece quella stessa persona, quella resta a 70 e addirittura dopo i 20 anni mi regredisce e scivola addirittura verso 60 e quindi diventa un insufficiente mentale medio.
Ora pensate alla differenza di prospettive esistenziali di uno che poi si trova a 30 anni con una intelligenza praticamente normale, anche se vicino alla media inferiore, ed uno che si trova con una intelligenza strutturale media. Vale a dire è sostanzialmente uno che capisce proprio poco. Che è già tanto se riesce a leggere e scrivere. E comunque ha imparato con dei livelli che sono di I° o 2° elementare. Quindi il fatto che sia al 75% ereditario, vi deve far pensare che l’aspetto dell’ambiente non sia importante ugualmente. Però vi deve far pensare che non è possibile ottenere risultati entusiasmanti da uno che diciamo ha una dotazione intellettiva inferiore alla media perché, per quanto potrà andar bene a meno che, e ci arriviamo dopo, questa apparente insufficienza mentale non dipenda invece da conseguenze di tipo psicologico, vale a dire ad esempio di stati di inibizione ad apprendere, ma questo è tutto un altro discorso.
Questo ce lo deve dire il team del neuropsichiatra, dello psicologo e dell’assistente sociale, perché solo questi, soltanto la commissione ASL ci può dire con uno studio psicodiagnostico come stanno le cose. Se non ce lo sa dire, la scuola si trova decisamente ostacolata e sarebbe bene che ricorresse, in questi casi, ammesso che abbia dei fondi, a strutture private che possono fare quello che la ASL non può fare. Ricorrendo a formule organizzative consorziate, tre varie scuole, a mettere su strutture di questo genere, sempre con quel principio di sussidiarietà di cui si parla tanto oggi e che non è stato capito a fondo, che significa che quando una’altra. cosa non funziona, si cerca di ovviare con un’altra.
Passiamo al 3° livello e qui cominciano i dolori. I dolori proprio nel senso reale del termine, perché comincia quello che già i letterati, i film, i pedagogisti hanno sempre inteso come sforzo di apprendimento, come sforzo necessario di apprendimento. Il livello 3° è “risolvere problemi vecchi in modo nuovo”. Apparentemente potrebbe sembrare più facile del 2°, ma vediamo gli esempi. Per comodità, per usare di meno la vostra mente, tornerei all’esempio della macchinetta del caffè. Facciamo conto che la sera prima, invece di fare le mie solite cose, mi sono messo a giocare con mio figlio piccolo, mi sono provocato una distorsione alle dita, lì per lì non mi è sembrata una gran cosa, invece poi la mattina quando mi sveglio questa mano è completamente inutilizzabile. Vado in cucina, prendo la mia Moka da 3, la prendo con la mano destra e questa mi casca perché non riesco nemmeno ad afferrarla. A quel punto mi si prospetta il problema nel suo 3° livello come abbiamo detto. Qual è? Quel lavoro che devo fare tutte le mattine ma con la mano sinistra. E siccome questa cosa non mi è mai capitata, ad uno ad uno devo recuperare tutti i movimenti perché non sono abituato. Devo fare una modificazione sistematica, laboriosa, paziente, paziente nel senso latino del termine patio, soffrire, se voglio prendermi il caffè. C’è pure chi elude questo 3° livello e cioè va al bar. La vostra risata liberatoria fa capire meglio di quanto possa fare io che questo 3°livello spesso lo eludiamo. Non è soltanto una mia idea, così adesso, è che spesso è ciò che ci capita, quando dobbiamo risolvere un problema vecchio in modo nuovo. Di non risolverlo proprio, ma di eluderlo. Dobbiamo far capire all’alunno che è importante che si sforzi nell’accomodarsi alle situazioni nuove dal punto di vista dei cambiamenti interni. Perché la stessa cosa fatta in un momento della vita può essere piacevole, in un altro può diventare particolarmente faticosa, proprio perché siamo cambiati e dobbiamo recuperare in una dimensione del tutto diversa.
Questo soprattutto succede quando i corsi di studi vengono ripetuti. Ad esempio la geografia si fa alle elementari, poi alla scuola media, poi alle superiori,e poi a volte anche all’università, a seconda della scelta della facoltà. Ma sono quattro geografie diverse, almeno dovrebbero esserlo. Lì spesso siamo al 3° livello e quindi si devono fare dei cambiamenti mentali rispetto a quanto acquisito precedentemente.
E questi sono i principali ostacoli della scuola media di primo grado, per cui spesso c’è rinuncia da parte dell’alunno a rivedere quelle acquisizioni fatte alle elementari in una dimensione nuova.
In questo senso il 3° livello rappresenta per certi aspetti l’elemento più specificamente scolastico. Diciamo che la scuola c’è soprattutto, per questo 3° livello. Qualcuno potrebbe dire che sono in contraddizione perché prima ho detto che esistono alcuni che si fermano al 2° livello. Per quelli che si fermano al 2° livello la scuola possiede una valenza prevalentemente socio-riabilitativa, se ci pensate.
È scuola lo stesso, è una forma di educazione socio-riabilitativa che non può fare la Asl perché lo farebbe in modo intensivo e quindi non scolastico, quindi troppo lontano dall’esperienza dell’alunno. E quindi è giusto che lo faccia la scuola perché è una riabilitazione scelta, non è una riabilitazione sanitaria, però ciò nonostante, resta comunque una funzione non propriamente interna a quelle che è la storia della scuola.
La storia della scuola è concentrata proprio sul fatto che se io imparo a fare una cosa, imparo anche ad accomodarmi a quella. Tant’è vero che scherzando quando si fanno i corsi piagettiani si rilette sul fatto che quando uno arriva a casa di un altro, in genere la persona che riceve dice “Si accomodi” ed invece per i concetti piagettiani di assimilazione e di accomodamento sono tali che uno in termini piagettiani dovrebbe dire non “Si accomodi” bensì “prego, assimili”. Nel senso che “Si accomodi” significa “faccia come se fosse a casa sua”. Ora però, per fare come se stesse a casa sua, quello deve assimilare l’ambiente, non ci si deve accomodare. Se ci si accomoda vuol dire che resta ospite, che si deve sforzare , deve pensare a come comportarsi e così via. Ovviamente il “ Si accomodi” è usato con un linguaggio non tecnico e quindi con tutt’altro significato. C’entra più la parola comodità nel senso di “ Stia comodo, stia tranquillo, non si preoccupi”.
Questo pensare che si possa vivere un 3° livello senza sforzo, senza fatica e senza un po’ di dispiacere è fuori dalla realtà. Per cui quelli che sono convinti che nella scuola possa essere escluso questo aspetto qui e con esso il dispiacere, la fatica, lo sforzo, secondo me vivono in una dimensione molto più fantasmatica che reale rispetto all’esperienza scolastica.
4° livello “Risolvere problemi nuovi in maniera nuova”, chiaramente qui andiamo proprio su. Se lì si parlava di sforzo, di fatica, qui dobbiamo parlare necessariamente di qualcosa di peggio, vale a dire di angoscia. Perché il termine, pensate ad un ragazzino disturbato già da angosce sue strutturali, pensate che l’angoscia è lo stato d’animo più incompatibile in assoluto con l’apprendimento. Perché una persona angosciata odia apprendere, gli danno fastidio, persino i problemi vecchi da risolvere in modo vecchio, per cui dice “Mi fai il caffè?” e magari non lo dice nemmeno a parole, lo dice solo con lo sguardo, come per dire “Come mai ancora non l’hai fatto?”.
Questa è la dimensione tipica della persona angosciata, che vuole essere contenuta, vuole essere contestualizzata in una dimensione di maternità, di servizio, di cura, perché solo quello lo può placare, altro che l’apprendimento. Nel 4° livello, ad esempio, per andare in bicicletta è necessario andare, non solo, ma devi usare la mano sinistra tu che sei destro. Sono situazioni quindi che potrebbero essere definite ardimentose, situazioni nelle quali le persone mettono alla prova quello che hanno in se stessi, si giocano praticamente tutte le energie. E dunque il fallimento è chiaramente probabile, per cui si tratta di prove che possono essere vissute nella scuola soltanto in modo eccezionale. Non possono essere il vissuto quotidiano della scuola. Sono prove di rischio di fallimento notevoli, sono prove di grande impegno psicofisico, sono prove che si possono fare con la speranza di riuscire e non con altri stati d’animo. Che però sono importantissime, anche se eccezionali, perché sono prove in cui la persona impara a cimentarsi con le difficoltà estreme. Quindi non vanno escluse dal vissuto scolastico, perché può succedere nella vita di trovarsi di fronte a situazioni in cui.. non so, quella dell’altro giorno in cui si sono trovati dentro l’aereo. Ci ho pensato perché spesso vado a Genova in aereo e l’anno scorso, quindi neanche tanto tempo fa, verso settembre, scendevamo in quella lingua di cemento che è la pista genovese dell’aeroporto e questo amico mi diceva che era la prima volta che andava a Genova e si è rappresentato la situazione che è poi successa qualche giorno fa. Ecco, trovarsi poi dentro l’acqua in quel modo, quello è il classico problema da risolvere in maniera nuova. Gli unici che fanno diventare questi problemi inusuali un po’ più usuali sono quei corpi ardimentosi tipo i Marine o Il Battaglione San Marco.
È importante che questo tipo di prove non vengano escluse dal tessuto scolastico, lo ripeto, perché se venissero escluse significherebbe che la scuola avrebbe rinunciato in qualche modo a aar capire all’alunno che anche quel tipo di situazioni, i rischi estremi, fanno parte della vita. Quante volte il pensiero del rischio estremo ci induce a cambiare rotta nella vita. Quando invece non dovrebbe essere così, soprattutto se il rischio estremo non è molto più probabile, se è improbabile non dovrebbe essere motivo di considerazione. Ma questo è facile farlo se uno in qualche modo ha preso un minimo di confidenza con questi casi, si è abituato a pensare che anche di fronte ai rischi estremi può continuare a ragionare, uno non arriva al rischio estremo e dice “ecco, è fatta, mi butto giù”.
Pensate ai naufraghi, ci sono alcuni che attaccati ad un pezzo di legno resistono sei giorni, altri cve dopo un’ora si butano dentro l’acqua e muoiono perché non sostengono proprio quella situazione.
Se riflettete, entrerà o non in quello che sto dicendo? Il fatto di avere almeno qualche volta nella vita considerato situazioni di questo genere, tentando di organizzare un minimo di ragionamento e continuando ad usare la logica anche in situazioni di quel tipo ci può salvare la vita.
Invece se il rischio estremo è una cosa di cui non si deve nemmeno parlare, quando i fatti dimostrano che poi succedono cose brutte, allora si dovrebbe pensare a scuola come fare quando un pullman casca in un dirupo, che fa parte delle cose della vita. Invece sembra che l’unica cosa che sappiamo fare di fronte a questo tipo di problemi è fare le corna, scusate il termine. Almeno questo ho capito.
Vorrei farvi una sorta di vademecum, lo so che sono fuori moda, sorpassati, ma a me ancora piacciono e non ci rinuncio. Credo che l’innovazione educativa debba necessariamente convivere con una sana conservazione di tradizioni significative. Chi vuole mettere il nuovo contro il vecchio, in qualche modo ha un quoziente alto i stupidità, in quanto significa che non riesce poi a coniugarsi con le persone che questo nuovo dovrebbero realizzare. Uso la parola stupidità in modo particolarmente opportuno in quest’incontro. È uno stupido tecnicamente chi non si rende conto di determinate difficoltà, quindi non è un termine psichiatrico, neurologico, è un termine di uso casereccio, insomma.
Vorrei farvi questo vademecum per darvi un’idea sommaria, ovviamente, di tutti gli ingredienti cve compongono la funzione di facilitazione ad apprendere.