“Identità professionale dell’insegnante e l’articolazione delle funzioni docenti nell’ambito dell’autonomia”
Le diverse funzioni docenti
Ho cominciato ad analizzare la funzione docente nel suo complesso ed a vedere di distinguere le sottounzioni che sottostanno alla sintesi del lavoro dell’insegnante per andare a vedere poi se nella realtà quella fase di personalizzazione andava a coincidere di volta in volta con una di queste funzioni. E ho cominciato questo lavoro che vi passo a presentare partendo proprio da ciò. Infatti questo corso si potrebbe intitolare anche così “L’identità delle insegnante tra le diverse funzioni docenti”. In questo ventaglio delle funzioni docenti l’identità dell’insegnante non può essere di abbracciare tutte e cinque nello stesso grado, ma di cominciare a capire sempre meglio quali tra loro egli svolge in modo più consono alle proprie attitudini personali e alla propria volontà di approfondimento e quali invece tende a far diventare più marginali, con la tendenza a volerle lasciare a qualcun altro. Lo dico così per semplificare, ovviamente, può anche darsi che uno non le voglia lasciare a qualcun altro, ma comunque le vive in modo da dire “ Va bene, però, di questo me ne voglio occupare di meno, non è la cosa più importante”. In certi casi infatti si stabilisce nella mente degli insegnanti quasi una confusione nel senso che fa coincidere la propria identità personale nella professione con quella che secondo lui è più importante o meno importante. Questo è grave perché poi in effetti è importante, dovrebbe aggiungere quello che è importante per lui, poiché poi per qualcun altro è importante qualche altro aspetto.
Le cinque funzioni che ho identificato non sono solo cinque e vi dirò perché, adesso sono:
1)fare lezione
2)facilitare l’apprendimento
3)programmare un corso di lezioni
4)contenere il disagio dell’alunno per riattivare la disposizione ad apprendere
5)osservare gli alunni per conoscerli meglio
Ve le ho dette a caso, proprio per evitare di stabilire già da adesso un ordine che sarebbe deleterio ai fini del mio corso, cioè per adesso è bene che voi le consideriate delle funzioni che ruotano.
Nella scuola è molto forte il culto della graduatoria. Siccome io sono francamente molto ostile alle graduatorie se non quando sono proprio necessarie, quindi quando sono necessarie è bene farlo, ma se non sono necessarie sarebbe molto opportuno non farlo. Allora l’unico modo di superare il sentimento della graduatoria è quando io vedo, come in questo caso, cinque funzioni che ruotano. Poi ognuno di voi si può fare a parte un suo ritmo, come quando eravamo piccoli sulle giostre, uno andava sulle automobiline, un altro su un aereo planino e così via.
Mi riferisco agli anni 50. C’è quindi chi per una questione di punteggiatura, comincia da uno e fa tutte le altre, e chi comincia da un altro, ma vi prego di credere che nessuna di queste funzioni, in termini strettamente rigorosi di valore, di importanza, di significato, è inferiore a qualche altra. E questo se mai non ne siete persuasi sarà uno dei motivi di discussione di questo corso. Sarà interessantissimo vedere che cosa emerge da una discussione sulla importanza di queste cinque funzioni messe a confronto. Io francamente, per quanto interessante, preferirei che voi foste persuasi in dall’inizio che queste funzioni sono tutte essenziali e in una scuola in cui non si svolgano tutte e cinque vi sono dei gravi limiti.
E qui qualcuno di voi mi potrebbe subito dire che allora tutte le scuole hanno dei gravi limiti perché a occhio e croce forse in ciascuna scuola c’è qualcuna di queste funzioni che quanto meno viene proprio omessa se non proprio eliminata, viene messa in una posizione di Cenerentola.
Questa è quindi la premessa.
Il lavoro che noi dovremmo fare in questi incontri è:
1) riconoscere bene queste cinque funzioni trattandole una per volta e poi capire in che modo sono tra loro complementari.
2) Rivedere l’organizzazione scolastica non soltanto in funzione delle discipline, perché questo è stato il grandissimo limite della scuola fino ad oggi, perciò le complementarietà sono state fatte quasi esclusivamente, in questo senso, vale a dire tu insegni italiano, tu matematica, tu geografia e tu ancora religione. Certamente anche questa è una distinzione necessaria, non è che la voglio ignorare, ovviamente, sarei uno stupido se lo facessi, ma al di là di questa distinzione ce ne sono altre, ad esempio quella che vi ho fatto merita di essere presa in considerazione pratica. Quindi noi lavoreremo soprattutto sulla distinzione di queste sottofunzioni e nel vedere come da una riorganizzazione della scuola, sulla base di una scissione della professione docente, ma con la prospettiva che ciascuno di voi si faccia internamente, in questo caso si, una graduatoria però personale, di come stanno queste funzioni, e solo come stanno dentro di lui. Magari si sente fortemente attratto dalla funzione, non so, della facilitazione ad apprendere, perché gli stanno più simpatici quelli che non capiscono subito, quelli cui bisogna poi avvicinarsi perché poi capiscono che dopo che li avvicini e cerchi di aiutarli a capire, esaminando, analizzando i contenuti della lezione svolta. Coloro che hanno quindi una tendenza a privilegiare per esempio il rapporto interpersonale piuttosto che il rapporto di gruppo degli alunni perché magari, avendo anche per motivi caratteriali una tendenza alla relazione intima, alla relazione più micro che macro, di fronte ad un intera scolaresca magari avvertono un disagio che non sono mai riusciti a capire bene in cosa consista, comunque lo avvertono Ed allora finchè stanno vicini ad un alunno si sentono a loro agio e, riescono a fare dei lavori anche molto buoni e quando hanno una scolaresca di fronte intera fanno lavori meno buoni. Ma a parte se buoni o meno buoni li fanno con un dispendio di energia notevolissimo e quindi con un rapporto tra costi e profitti decisamente meno soddisfacente. Per cui si stancano terribilmente di più e quindi rendono di meno.
Allora magari quella persona che adesso ho ipoteticamente individuato metterà al primo posto la seconda. Vogliamo dare un ordine a queste funzioni?
Facciamo cosi però ve lo do come compito a casa perché è bene che ve lo conquistiate ciascuno per conto vostro in quanto è, in effetti, un primo toccare con mano in termini intellettivi di una grossa varietà di situazioni. Anche perché mentre la prima e la seconda sono probabilmente più precise della scelta delle ultime tre, che diciamo fanno già parte di una periferia interna. In genere, e per l’esperienza fatta in questi anni, in molte persone c’è anche un tipo di viva conflittualità tra la prima e la seconda perché non sa bene quale mettere per prima. Certo ce ne sono un paio insomma che si intenderebbe mettere prima e poi ce ne sono altre, e questo lo dico di norma, poi è chiaro che ci sono tutte le altre possibilità. Sta di fatto che la scelta poi se una cosa metterla al III, IV e V posto diventa molto meno significativa. Se non altro è significativo forse il quinto, perché almeno a questo livello, non posso ancora dire di averlo verificato, però il quinto è proprio quello che si tende ad eliminare dal proprio lavoro, soprattutto se è un’attività tradizionale , mettiamo il fare lezione che di tutte e cinque è sicuramente la più tradizionale.
Se uno la mette in quinta posizione, che cosa può significare? Che in quegli insegnamenti c’è certo proprio una più o meno forte avversione alle abitudini con cui si accede alla personalità e all’identità professionale di insegnante. E quindi si pone già in qualche modo come insegnante alternativo con tutto quello questo può significare in termini culturali. Cioè di cultura scolastica interna, di rapporto con i colleghi e così via.
Domanda di un collega: mi riesce difficile dividere nettamente il fare lezione dal motivare ad apprendere, dividere questi due aspetti perché nel momento in cui io comunque espongo qualcosa, deve essere strettamente legato all’attivazione dell’attenzione.
Risposta data dal relatore: allora devo chiarire meglio queste due sotto funzioni, ma lo farò strettamente in relazione alla domanda. Quando si parla di vere e proprie situazioni di crisi emozionale, con il ragazzo in una condizione di rifiuto secco dell’apprendimento,e che quindi non possono essere risolte soltanto attraverso gli interventi interpersonali, riavvicinati e diretti, e di contenimento emotivo per cui, ad esempio, una crisi d’ansia non potrà mai essere una sollecitazione didattica a farla divenire, a risolverla. C’è bisogno che l’alunno abbia vicino qualcuno che sia capace di accogliere quest’ansia, di contenerla e a poco a poco di placarlo, di lasciare che si plachi, nei tempi necessari, per poi magari a quel punto rinvitare il soggetti a guardarsi intorno e di nuovo assumere un atteggiamento di apprendimento. Perché ad esempio tra mania e apprendimento c’è una decisiva, direi totale, incompatibilità. Chi sta in ansia, non solo non può apprendere perché l’apprendimento è di per sé una cosa almeno parzialmente inquietante e chi sta in ansia non ha bisogno di essere inquietato da qualcosa. E quindi cerca le situazioni che nella sua vita sono state le situazioni più isolate, quelle più attitudinali e possibili. E siccome la situazione, faccio questo anticipo, in termini strettamente psicodinamici, la situazione in cui si è stati più tempo, per circa nove mesi, per qualcuno di meno, nella stessa condizione è la situazione fetale , è chiaro che quando la persona sta in ansia ha bisogna di risentirsi di nuovo un abito umano intorno, quindi non di lana o di cotone, ma un abito umano intorno che gli faccia da contenitore e che in qualche modo gli faccia respirare un’aria placida, un’aria in cui non possono accadere grosse novità perché l’ansia si riconduce strettamente al senso di disgrazia, al senso che sta per succedere qualcosa di catastrofico. E magari mentre l’alunno sta in quella condizione di vissuto catastrofico possibile, io gli vada a dire , non so, come si vestivano gli Etruschi. A quello non può assolutamente interessare perché, anche se i vestiti degli Etruschi non sono perturbanti, quello che è importante capire è che per capire come erano vestiti gli Etruschi io mi devo disporre verso il nuovo. Il nuovo è quello che io non so e quindi devo aprire una finestra alla possibilità di eventi nuovi, e proprio perché sto in ansia, è l’ultima cosa che farei. Per cui mi dice lei, un’insegnante che si ostini a sollecitare l’apprendimento di un bambino che sta in crisi d’ansia non sa quello che fa e quindi è destinato a frustrare e ad essere frustrato perché assolutamente non potrà ottenere quello che vuole. Invece quello che dice lei sul fare lezione è sollecitare l’attenzione, è vero che fa parte totalmente del fare lezione. Adesso ci entriamo subito perché oggi vorrei iniziare con la funzione più tradizionale e ovviamente sarebbe anche sbagliato fare il contrario.