Parte II : Vivere la cecità – Un po’ di riposo

Sentivo con urgenza il desiderio di restare solo per offrire finalmente libertà di espressione alla mia stanchezza.
Soprattutto ero stanco di comunicare, di fare i conti con la presenza degli altri. Desideravo naufragare nel mare conosciuto della mia stanza, divenire un rottame che si affida ai capricci di una corrente non ostile, nella quale si può esistere senza guarire, si può camminare senza la necessità di raggiungere una meta.
Rimasto solo notai con sorpresa che non riuscivo a liberarmi dal pensiero del che fare, come se il passare del tempo chiedesse il suo biglietto d’ingresso e il suo prezzo da pagare.
Ma io non volevo pagare nessun prezzo, ero tornato a casa il gustarmi il sapore del gratuito; dovevo assolutamente liberarmi dal sentimento del dovere.
Proprio perché dovevo, non riuscivo a liberarmene.
Infatti il dovere è un po’ come la paura: quando vogliamo eliminarlo ci assale con rinnovata energia, quasi ricevesse nutrimento dal nostro desiderio di eliminazione.
Occorre viceversa iniettare nel sentimento del dovere ingredienti piacevoli, per addolcire il suo volto corrugato e minaccioso.
Compresa la lezione, cercai qualcosa di buono nel frigorifero, trovai un programma televisivo scemo ma non troppo, feci un po’ d’ordine in casa e lentamente, quasi furtivamente, scivolai nell’inerzia tanto desiderata.