Parte II : Vivere la cecità – Impara l’arte e mettila da parte

Sono ancora numerosi i genitori che, dopo aver iscritto un figlio nella prima classe della scuola elementare, aspettano con fiducia le vacanze di Natale per leggere con emozione una letterina, un biglietto o qualche altra cosa che comunque rappresenti la sua capacità di scrivere.
Dopo aver constatato con soddisfazione il positivo avvenimento, generalmente i familiari del bambino lo archiviano, così come si archivia un trofeo per riprenderlo tra le mani in occasione di qualche anniversario o di qualche nuova festa di famiglia.
In altre parole ci capita di considerare spesso l’apprendimento della scrittura come un traguardo importante da raggiungere ma trascurabile come nuova funzione da utilizzare.
Durante la sua vita quotidiana quante volte un bambino sente il bisogno di mettere in opera la sua capacità di scrivere? Quante volte il fatto di saper scrivere gli consente di rendersi utile nel rapporto con i suoi familiari? In quali occasioni lo scrivere diviene per lui motivo di libertà per esprimersi con discrezione e comunicare meglio con gli altri?
Affinché una capacità possa divenire personale, possa acquisire significato e valore nel corso di una singola esistenza, occorre che tale capacità divenga una parte considerevole della attività quotidiana, penetrando nella forma del vivere con gli altri.
Oggi la scuola chiede ordinariamente ai suoi alunni una migliore capacità di espressione personale negli elaborati scritti. d’altra parte la scuola fa poco o nulla per promuovere nei suoi alunni il piacere della scrittura, sollecitando attività di comunicazione mediante il linguaggio scritto.
In questa nostra società il desiderio di avere subito una risposta, la difficoltà di elaborare con ponderazione un’offerta o una richiesta, il disagio di immaginare l’interlocutore senza poterlo percepire, la fatica di sostenere la solitudine dello scrivere senza gratificazioni immediate o comunque garantite, conferiscono alla scrittura un sapore antico e superato, troppo lontano dalla nostra volontà di semplificazione.
Per quanto mi riguarda sono convinto che scrivere costituisca forse l’attività che più di ogni altra caratterizza la storia evolutiva della nostra cultura. Rinunciare a scrivere, a disegnare, ad incidere sulla realtà con segni complessi e duraturi, significa forse rinunciare alle forme più importanti e preziose del nostro destino specifico.
In questo senso, ma beninteso soltanto in questo senso, la scuola dovrebbe diventare nuovamente una scuola dello scrivere, del leggere e del contare.